Spesso accade che delle coppie che hanno anche una lunga storia insieme, chiedano di iniziare un percorso di psicoterapia con l’obiettivo di risolvere dei problemi interni alla coppia. Questi problemi possono essere legati ad uno specifico evento o difficoltà, in altri casi invece non si riesce a individuare il problema e, di frequente, è presente un’accusa nei confronti del partner che viene ritenuto responsabile delle difficoltà: “con lui/ lei è impossibile parlarci!”.
Robert Lee (2009), fornisce un nuovo approccio alle problematiche di coppia, sostenendo che spesso quello che va storto nelle relazioni intime si accompagna a qualcosa che si esprime in un linguaggio proprio e la chiama “vergogna“. La vergogna è un linguaggio segreto: la maggior parte delle persone ne intuiscono l’esistenza, ma pochi si rendono conto se essi stessi o il loro partner parlano correttamente il proprio dialetto.
Non è solo la lingua segreta, ma la lingua dei segreti. Non perchè tenda a ingannare l’altro, ma perchè tende ad essere sottile e fuori dalla consapevolezza. Riguarda i nostri desideri più profondi e diventarne consapevoli significa, appunto, correre il rischio di provare vergogna.
La vergogna ha una funzione importante per noi stessi: interviene quando abbiamo la percezione che il nostro desiderio, o bisogno più profondo, non verrà accettato dall’altro (o non saremmo abbastanza sostenuti). Ci serve per proteggerci.
Se ci è capitato altre volte nella vita di aver vissuto situazioni particolarmente intense o ricorrenti in cui i nostri bisogni non sono stati accolti, impareremmo a bloccare i nostri bisogni piuttosto che correre il rischio di provare vergogna.
Ci troviamo così ad essere ad un bivio nella nostra relazione: se ci esponiamo all’altro potremmo provare vergogna perchè l’altro potrebbe non capirci o addirittura rifiutarci, ma se non ci esponiamo perdiamo qualsiasi opportunità di dialogo e di vicinanza.
Il risultato è che nella relazione a due si crea una distanza per la quale nessuno dei due riesce ad affidarsi all’altro e a manifestare la propria nudità, il proprio limite.
Inizia un gioco che allontana sempre più i partner e non soddisfa il bisogno di comprensione e di vicinanza. Così, l’altro rischia di diventare lo specchio delle nostre ferite, ma allo stesso tempo abbiamo paura di perderlo.
La richiesta allo psicologo, nell’intraprendere un percorso di coppia, non può essere quella di trovare un “giudice neutrale”, un alleato che in qualche modo risolva democraticamente la situazione e che decreti chi ha ragione o torto.
Il lavoro con le coppie è altro! Si tratta di creare insieme uno spazio condiviso dove ognuno dei partner può esprimere se stesso, agevolando e migliorando le competenze comunicative, rendendo le motivazioni e le aspettative esplicite. L’obiettivo è vedere l’altro per quello che è, negli aspetti che stimiamo e in quelli che rifiutiamo, con qualità e limiti, ricostruendo un nuovo modo di stare in relazione.